Ci troviamo a vivere un momento difficile, un contesto storico dipinto di sciocche credenze. Invece di evolverci stiamo retrocedendo al Medioevo: perché? Il motivo principale è uno solo: rifiutiamo una concezione estesa del mondo e della società che si sta creando! Dobbiamo crescere figli migliori dei padri per garantirgli un futuro migliore: combattiamo il pregiudizio.
La nostra quotidianità è pervasa di eventi traumatici a sfondo razziale: violenze, guerre, intolleranze. Tutti questi ignobili atti, contro persone che vengono da lontano per fuggire da una guerra che li sta sterminando. Ma perché stiamo andando incontro ad uno scontro imminente? Ebbene, è colpa di un’educazione priva dei valori basilari per una convivenza costruttiva. Alla base di tutti questi avvenimenti tristi ed inutili, c’è l’ignoranza, la paura dell’ignoto. Non conoscere veramente l’altro, lo rende un pericolo, visione questa, alimentata soprattutto da una considerazione errata: il pregiudizio.
Il pregiudizio è un sentimento, solitamente negativo. Una presa di posizione che si fonda su un’esperienza riguardo ad un individuo o ad un intero gruppo. Questo sentimento, solitamente, comporta un atteggiamento di intolleranza ed emarginazione. Il pregiudizio è il risultato di una diseducazione istituzionalizzata trasmessa dall’adulto al bambino attraverso la costruzione di stereotipi, giudizi ed ulteriori pregiudizi. Essi vengono costruiti attraverso il parlato, l’utilizzo di “frasi fatte o di circostanza” riguardanti un a categoria. Il pregiudizio è alla base di quei comportamenti razzisti, xenofobi, maschilisti violenti.
La nostra società nel tempo è mutata, e tutt’ora sta cambiando, sicuramente più in fretta di quanto noi uomini possiamo concepire. Oggigiorno viviamo costantemente, una reale Multiculturalità. Ossia una situazione in cui diverse etnie convivono, o meglio, sono presenti su uno stesso territorio. La multiculturalità è caratterizzata da 3 elementi: la globalizzazione, trasporti notevolmente più veloci e una comunicazione telematica che con la propria evoluzione ha ridotto sostanzialmente le distanze. Questa visione multiculturale della nostra società ha modificato anche il modo di vedere e vivere la cittadinanza (il concetto di Patria è notevolmente cambiato). In questo decennio infatti è aumentato in modo spropositato il numero di persone (soprattutto giovani) che si sposta in un altro Paese. Queste evoluzioni hanno modificato il modo di vivere e convivere con l’altro creando una sostanziale necessità di appropriarsi di una nuova visione del mondo.
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L’Intercultura, infatti, è un concetto nuovo, è un percorso che si propone di instaurare un dialogo ed uno scambio tra le diverse culture. Data l’importante presenza su uno stesso territorio di culture diverse, si ha bisogno di un percorso educativo che abbia come scopo la realizzazione di un pensiero flessibile, aperto. È quindi un pensiero che abbatte le barriere, contro un’intolleranza e un conformismo ormai obsoleti. Il concetto di Intercultura crea un pensiero che lotta contro ogni pregiudizio ed omologazione. È accettazione dell’altro mantenendo vivi se stessi!
Se una persona davanti ad un’altra reagisce con azioni estremamente violente, distrugge nell’immediato, l’idea di uguaglianza, è un atto vandalico contro l’umanità! I bambini non nascono già con i pregiudizi, anzi da piccoli sono più predisposti all’incontro con l’altro senza fare alcuna distinzione. Idee devianti, razziste e violente nei confronti del “diverso” sopraggiungono con l’ascolto dell’adulto. Il genitore xenofobo inculcherà al figlio l’idea che l’essere gay sia una cosa malvagia e sbagliata. Un’educazione interculturale si propone di abbattere questi muri creati da adulti ignoranti e diseducati. Un progetto educativo basato sull’idea di interculturalità spiana la strada verso la realizzazione di una società ricca di culture diverse. Le diversità, in questo caso diventerebbero delle risorse atte ad ampliare la mente dei bambini di oggi, futuri uomini di domani. Quindi, cari genitori, cos’è meglio per i vostri figli? Crescere come uomo libero o prigioniero di ideali obsoleti ed emarginali?
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