La perdita di una persona cara è sempre un momento di dolore. Chi se ne va lascia il vuoto intorno, ma quando ad andarsene è un figlio? Vivere o sopravvivere: si può superare la morte di un figlio?
I genitori, al momento della nascita del figlio, rinascono con lui. Quando si diventa madre o padre si inizia un nuovo cammino. E se questo cammino si dovesse interrompere improvvisamente? Un giorno una mamma, che da poco aveva perso suo figlio, mi disse che la sua ormai era solo sopravvivenza. Il dolore di perdere chi si ama è talmente grande da non potersi riprendere più. Ma un figlio non è solo qualcuno da amare. Un figlio è sangue del proprio sangue, è parte integrante di un genitore.
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Quando viene a mancare un figlio, il genitore muore con lui! Perché perdere un figlio significa perdere tutto ciò che di importante si ha. Con lui vanno in frantumi i sogni, la speranza di un futuro felice e roseo, la visione di un percorso insieme, vederlo un giorno continuare il cammino da solo con le proprie forze. Perdere un figlio vale a dire morire con lui. Perdere un figlio è per i genitori un evento devastante, l’anima, ormai lacerata, non potrà più guarire completamente. Ovviamente la perdita di un figlio non viene vissuta da ogni genitore nella medesima modalità. Il dolore muta a seconda delle situazioni e della persona. In questo incidono molte varianti, quali: l’età (sia del figlio che del genitore), se il genitore perde l’unico figlio, o se ne ha altri accanto a lui.
Far fronte ad una simile perdita, quale quella del proprio figlio, non è assolutamente semplice. Il primo consiglio da esterni è sicuramente il ricorrere al sostegno di un professionista. Uno psicologo ad esempio può aiutare ad affrontare il dolore: perché è brutto pensarlo, ma la “cura” migliore è vivere il dolore. Ma non sempre il genitore, al momento della perdita di un figlio, ha voglia e forza per rivolgersi ad un esperto. Molto spesso, infatti i genitori negano l’accaduto. La mente, difatti, non potendo fronteggiare un tale trauma elude la realtà, rinnegando l’accaduto. Il genitore è consapevole di aver perso il proprio bambino, ma non accetta concretamente l’idea che il figlio non c’è più. Ad esempio alcuni genitori, continueranno per molto tempo ad aspettare notizie del figlio, una sua telefonata, o il suo arrivo davanti alla loro porta. Alcuni continuano ad apparecchiare la tavola anche per chi non c’è più.
Il lutto in ogni caso crea delle rotture nella persona. Queste fratture nell’animo di una persona influenzano anche le relazioni con chi è vicino. In primis, la morte di un figlio incide notevolmente nella vita della coppia. Molti genitori, dovendo affrontare tale perdita, si uniscono ulteriormente con l’altro. Scatta un protrarsi verso l’altro per farsi forza, condividere e supportare tale dolore: in due è sicuramente più semplice che da soli. Inoltre affrontando questo trauma insieme si riesce a guardare la vita da un’altra prospettiva. Infatti, avendo vissuto entrambi un dolore così grande, si apprezzano di più le piccole cose, si approfondisce il tempo trascorso insieme, aumenta il valore dell’amore per l’altro.
Tuttavia, non sempre superare la morte di un figlio, per una coppia è così semplice. In alcuni casi infatti, il dolore è talmente grande ed insormontabile da far nascere incomprensioni e sentimenti di odio tra i genitori. Alcuni genitori, invece di unire le forze per contrastare il dolore, si lasciano lacerare da esso. In questo caso le persone mutano sino ad arrivare a ritrovarsi degli estranei. Il dolore, infatti, distrugge la persona dal profondo, se non si riesce a far fronte o a combatterlo, la cambia. E mutando la persona cambia anche il modo di approcciarsi agli altri. Questa però è la strada più pericolosa. Lasciarsi mangiare dalla sofferenza distrugge! Non lottando si rischia di essere immobilizzati sino a restare soli mentre si cade a pezzi.
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