Oggigiorno stanno aumentando le famiglie con un solo figlio, soprattutto per motivi economici. Ma cosa comporta essere figli unici?
Negli ultimi decenni in Italia c’è stato un calo vertiginoso di nascite. L’aumento di famiglie con figli unici è dato da diversi fattori socioeconomici, che uomini e donne stanno vivendo. Da un lato, infatti, c’è la tarda età in cui ci si confronta con la maternità (più o meno intorno ai 40 anni). Questo aspetto è dato da tre fenomeni principali: aspetto lavorativo della donna, aspetto sociale e relazionale e l’aspetto economico. Difatti, la donna incontra serie difficoltà nell’ambito lavorativo. E’ ormai date certo che, nel caso in cui si presentasse una maternità, una donna potrebbe riscontrare degli ostacoli insormontabili.
Oggi, trovare una persona con cui creare una famiglia non è semplice. Viviamo in una società egocentrica, le persone sono sempre più concentrate su loro stesse e sui loro bisogni. Infine, ma non meno importante, l’aspetto economico. Nel momento in cui si decide di avere un figlio, occorre anche analizzare un po’ le possibilità che si hanno. In un momento di totale crisi economica ed instabilità lavorativa, data dalla precarietà delle occupazioni, non è semplice prendere l’onere di crescere un figlio.
La sindrome del figlio unico consiste sostanzialmente nel crescere dei figli che non sono in grado di gestire il “trauma del NO”. Bambini e genitori che cadono in una rete di un reciproco attaccamento fuorviante e dipendente. Mentre il genitore vive in funzione del figlio, quest’ultimo vive una situazione irreale in cui tutto gira intorno a lui e tutto gli è dovuto. Questo stato causa al figlio gravi disturbi durante la crescita e rende il genitore schiavo del figlio. Un esempio eclatante, di cui si sta discutendo molto in questo giorni è il percorso di autonomia, accresciuto anche dal lasciare che ragazzi dai 12/13 anni inizino a tendersi autonomi.
In Italia, ad esempio, la percentuali di ragazzi che tornano a casa da soli è inferiore rispetto al resto dell’Europa. Questo controllo e supervisione spietata che i genitori compiono sui figli unici, va a compromettere lo sviluppo logico-cognitivo, sociale e relazionale del ragazzo. Per lo stesso motivo sta aumentando, soprattutto tra gli adolescenti, figli unici, l’uso e l’abuso di sostanze alcoliche, stupefacenti e l’arduo desiderio di adrenalina attraverso gesti estremi come la velocità o la sessualità promiscua.
Essere figli unici ha i suoi benefici, ma altrettante negatività. Sul piano materiale ed affettivo, sicuramente essere gli “unici pargoli di casa” comporta una totale esclusività dei genitori. Un figlio unico, infatti, ha solitamente gli occhi puntati su di lui. Queste molteplici attenzioni, di cui il figlio beneficia, non sempre sono così favorevoli. Infatti, se da una parte questo potrebbe rivelarsi come un potenziale, dall’altra parte potrebbe divenire un forte ostacolo per il corretto percorso verso l’autonomia e l’emancipazione dalla famiglia di origine. A volte ad impedire al ragazzo di spiccare il volo sono proprio i genitori che vivono una situazione contrastante.
Se da un lato mamma e papà farebbero di tutto per la felicità del figlio, dall’altro tendono a trattenerlo a loro, minacciati da un senso di vuoto e solitudine. In questa situazione infatti si accentua la sindrome del nido vuoto che sopraggiunge dal momento in cui un figlio lascia la propria casa per crearsi un proprio percorso di vita. Questo rischio può essere sventato solamente da un buon comportamento da parte dei genitori. Se questi riescono ad intraprendere un percorso positivo di autonomia assieme al proprio bambino, lo cresceranno sicuro di se stesso, accresceranno la sua autostima ed egli apprenderà le proprie capacità. In questo modo il figlio può raggiungere un livello di crescita autonomo ed intraprendente, soprattutto sicuro. Sperimentando la propria persona, il ragazzo, potrà ritagliarsi gradatamente i propri spazi autonomi, rendendo anche il distacco con la famiglia più tollerabile per i genitori e meno traumatico.
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